Il fatto

Non ci fu condotta “antisindacale”, la transazione dà ragione a Lionetti

La Redazione
Vito Lionetti
Si chiude con un accordo la controversia tra Cisl e Comune sullo spostamento di un dipendente rappresentante sindacale
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Si è chiusa lo scorso dicembre, con una transazione, la controversia tra la Segreteria Territoriale di Bari della CISL-FPS (Federazione dei Lavoratori Pubblici e dei Servizi) e il Comune di Cassano.

I fatti risalgono al 2015, quando in Comune, nell’ambito della riorganizzazione del personale, per migliorare l’efficienza della macchina amministrativa, si decide lo spostamento di un dipendente dal Settore Polizia Municipale, dove in quel momento presta servizio, al Settore Socio-Culturale e Demografico: in pratica, dagli uffici di piazza Moro a quelli di piazza Rossani, che distano all’incirca cento metri.

Tutto bene? Per niente.

Non si sa il perché e il come, ma questi cento metri “impedirebbero” al lavoratore in questione la sua attività di rappresentante sindacale. Ne è certa la CISL (della quale il dipendente è dirigente) che propone subito ricorso ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori dinanzi al Tribunale di Bari, in funzione di Giudice del Lavoro: per il sindacato il provvedimento del Comune – deciso senza il “nulla osta” della stessa organizzazione dei lavoratori – è espressione di una “condotta antisindacale”.

Il Comune si costituisce in giudizio, contestando alla CISL, tra le altre cose, l’infondatezza del ricorso.

Ma il giudice, in prima istanza, dà ragione al sindacato: la sede di appartenenza del dipendente (gli uffici della Polizia Municipale), secondo il giudice, costituisce “articolazione autonoma” del Comune e quindi lo spostamento ad altro ufficio (il Settore Socio-Culturale e Demografico, appena poco più in là) integra gli estremi del “trasferimento”. Roba da azzeccagarbugli: una valutazione che oggettivamente sembra cozzare contro il buon senso e non spiega in che modo il provvedimento del Comune riduca o impedisca le funzioni di rappresentanza dei lavoratori del Comune al dipendente sindacalista. Ma così è: il giudice dichiara “l’antisindacalità del trasferimento” e lo revoca.

La notizia gira e il sindaco Lionetti è oggetto del fuoco di fila degli oppositori, interni ed esterni alla sua maggioranza: lui che ha un passato importante da dirigente nel sindacato, viene attaccato proprio per condotta “antisindacale”. Una notizia tanto succosa, quanto, vedremo, infondata.

Il Comune si oppone alla decisione del giudice.

Siamo arrivati così ad aprile del 2017: Lionetti, a causa del “tradimento” di parte della sua maggioranza, non è più sindaco e il Comune è gestito dal Commissario Cappetta.

È in questo momento che il giudice del ricorso tenta una conciliazione tra le parti, formulando una proposta transattiva: per il 60% dell’orario settimanale – propone il giudice – il dipendente sia impegnato presso la Polizia Municipale e per il restante presso l’Ufficio Elettorale, ovvero in un altro ufficio indicato dal Comune.

Non è esattamente il contenuto del provvedimento dell’amministrazione comunale, contestato dal sindacato, ma poco ci manca. Soprattutto la proposta transattiva mette in luce che l’attività sindacale del dipendente del Comune non viene assolutamente inficiata se lo stesso viene spostato di poche decine di metri: insomma, il lavoratore e dirigente sindacale, per tutelare la categoria, può tranquillamente percorrere, senza pericoli e danni, i pochi metri che separano una sede comunale dall’altra.

La CISL, questa volta, ammorbidisce le sue posizioni: da antisindacale, la soluzione di spostare per esigenze di servizio il dipendente, diventa ragionevole e infatti viene accettata (così come fa il Comune, chiudendo la controversia), ma “al solo fine – si legge nel verbale di conciliazione dello scorso 12 dicembre 2017, sottoscritto dall’amministrazione Di Medio – di favorire il ristabilirsi di sereni rapporti nonché di un clima meno conflittuale delle relazioni sindacali».

Sa’ un po’ di presa in giro.

Perché torna infatti l’armonia tra le parti, ma a rimetterci sono ancora una volta le casse del Comune, cioè dei cittadini: il ricorso del dipendente e della CISL – che alla luce della accettazione della proposta transattiva appare oggettivamente senza senso – costa alle casse comunali oltre 6mila euro, e cioè il compenso corrisposto al legale che ha difeso il Comune in giudizio.

«Questa verbale di conciliazione – dichiara Vito Lionetti alla nostra testata – chiude una vicenda per cui sono stato accusato dall’allora opposizione di attività antisindacale. Quando la mia unica intenzione era quella di riorganizzare al meglio il funzionamento di alcuni uffici e per questo avevo chiesto ad un dipendente di prestare la sua qualificata attività in un ufficio a qualche decina di metri dal suo precedente, anche per impiegare più proficuamente il proprio tempo. Apriti cielo: denuncia per attività antisindacale. Io che per anni ho fatto il sindacalista non mi spiegavo perché in un ufficio l’attività sindacale si potesse svolgere e in quell’altro a qualche metro di distanza, nello stesso comune, gli fosse impedito. Fatto sta che oggi, si accetta una conciliazione che prevede le stesse medesime condizioni che a me erano state negate».

«C’era proprio bisogno – continua Lionetti – di perdere tanto tempo e risorse? Ma quando capiranno alcuni (pochi per fortuna) dipendenti e soprattutto i loro protettori politici che è un fatto etico fare il proprio dovere e occupare proficuamente il proprio tempo di lavoro a favore dei cittadini?».

giovedì 1 Marzo 2018

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