Burocratese

Parla come mangi: linguaggio amministrativo incomprensibile

Francesca L. Straziota
Insieme di parole vuote
Si tratta sempre di linguaggio settoriale o si potrebbe parlare in modo più semplice?
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Dopo aver assistito all’ultimo Consiglio comunale, svoltosi ormai qualche settimana addietro, è sorta la curiosità, da parte di chi scrive, di conoscere le ragioni che spingono coloro che si occupano di politica o che sono impegnati nel disbrigo di pratiche burocratiche, di adottare un linguaggio cosi tanto forbito e curato, ma spesso incomprensibile.

Il termine “burocratese” (con suffisso -ese, tipico degli aggettivi volti ad indicare una provenienza da un luogo, come nel caso di francese, inglese, …) nasce nella seconda metà del 1900 con una forte connotazione negativa, in quanto implica il senso di insofferenza e fastidio manifestato dai parlanti comuni verso la variante linguistica utilizzata dalla burocrazia.

A tal proposito, nel 1965, Calvino scrisse un articolo dal titolo “L’ antilingua” in cui ironizzava sul modo in cui un ispettore di polizia trascriveva, mettendo a verbale, un evento banale, quale il ritrovamento di alcune bottiglie provenienti da un furto. Un parlante comune riportava i fatti in modo semplice, lui modificava i termini e le espressioni, rendendo il testo incomprensibile, poiché pieno di espedienti linguistici complessi.

Il burocratese si serve, infatti di uno stile ipotattico (ricco di subordinate), basato soprattutto sulle locuzioni preposizionali come ” al fine che”, “allo scopo di”, ” a condizione che” o su verbi fraseologici come “dare comunicazione”, ” trovare applicazione”,… o, ancora su latinismi come “contra legem”, ” condito sine qua non” e via di seguito.

Sorge una domanda: qual è il confine fra linguaggio tecnico e voluta incomprensibilità?

Calvino diceva: “Dove trionfa l’antilingua, la lingua viene uccisa” o, ancor prima, Einstein affermava ” Non hai davvero capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”.

A distanza si molto tempo, non è cambiato molto: spesso, oltre alle espressioni che sono insostituibili e non riproponibili in altre forme, si adopera un linguaggio molto più complesso del necessario che, altrettanto spesso, consente la formulazione di giri di parole e deviazioni di argomenti scottanti; non è neppure esclusa la possibilità che si tema di cadere nel semplicistico e di auto sminuirsi utilizzando forme più semplici. Occorrerebbe comprendere che nessuno si lamenterebbe dinanzi a un discorso chiaro, privo di parole oscure, anzi.

Il pubblico, composto da ascoltatori o lettori, apprezzerebbe se si potessero seguire maggiormente questi discorsi e soprattutto se ci si preoccupasse di chi ascolta. Un grande linguista afferma “ogni volta che comunichiamo qualcosa e non facciamo nulla per farci capire, abbiamo perso qualcosa: abbiamo perso la sfida comunicativa”.

sabato 14 Ottobre 2017

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