La tradizione legata ai racconti popolari tramandati oralmente prevede l’abbondanza di favole volte a fornire una spiegazione delle vicende quotidiane in modo più semplice di quello che ci aspetterebbe.
Come ricordavano i grandi letterati Vico ed Herder, la favola non nasce dal nulla, ma è uno strumento indispensabile per il popolo per comprendere le cose quando non si dispone di altri mezzi per scoprire il mondo.
Dapprima coloro che lavoravano nei campi, che erano dediti alla caccia e all’agricoltura, poi le donne che restavano in casa a occuparsi delle faccende domestiche, il popolo soleva (in una tradizione la cui origine si disperde nella notte dei tempi) inventare storie nei momenti di aggregazione e condivisione, quando ci si sedeva dinanzi a un caffè a lavoro terminato oppure quando ci si riuniva nei vicolotti per spettegolare del vicino (immancabile!) o per rievocare racconti che, abbiamo scoperto, in alcuni casi traevano la loro origine dalla tradizione favolistica mondiale.
Uno dei racconti più gettonati era quello, conosciutissimo, de ‘la volpe e il lupo’, favola la cui fortuna le ha consentito di giungere sino a noi partendo da una provenienza esopica. È facile comprendere la ragione di tanta diffusione: innanzitutto la semplicità e l’immediatezza dell’interpretazione della vicenda, poi la presenza di un insegnamento morale pratico che, in una società basata sul l’essenzialità dell’espressione, aveva sicuramente presa.
Ciò che maggiormente colpisce, però è la presenza di pochi personaggi, per di più stereotipati: la volpe, da sempre sinonimo di furbizia, e il lupo, simbolo di ingordigia e lussuria. A questo proposito, occorrerebbe sottolineare il ruolo di quest’ultima nella visione generale di vizi e virtù: è da sempre, infatti che è al centro dell’attenzione comune, probabilmente poichè la natura umana è incuriosita dalla sensualità e dal materialismo della sfera sessuale.
Alla prossima!